Tutela civilistica del sofferente psichico

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Gli articoli 1 e 2 del c.c. stabiliscono che la capacità giuridica, cioè la titolarità dei diritti e dei doveri previsti per legge, si acquisisca con la nascita, laddove invece la capacità di agire, cioè di esercitare autonomamente tale titolarità, con atti quali l’amministrazione dei propri beni, il matrimonio, l’adozione, il redigere testamento, si acquisisca con la maggiore età, fissata per legge al compimento del diciottesimo anno. In alcuni casi particolari e sempre in sede giudiziaria, la capacità di agire può essere considerata affievolita o esclusa, attraverso il ricorso ad un complesso di norme riguardanti l’incapacità di provvedere ai propri interessi (art.404 c.c.), l’interdizione o inabilitazione (artt. 414-415 c.c.), l’incapacità naturale (art. 428 c.c.), l‘incapacità testamentaria (artt. 428-591 c.c.) ecc.

Le norme appena citate sono tutte volte a tutelare il soggetto debole da scelte proprie che potrebbero nuocergli ed a garantirgli, anche attraverso la nomina di un terzo (amministratore di sostegno, curatore o tutore), l’esercizio protetto dei propri diritti. La consulenza tecnica, generalmente d’abitudine in questo tipo di procedimenti, vede il consulente (generalmente uno psichiatra), una volta esaminati gli atti ed acquisita la documentazione necessaria, riferire al giudice rispetto all’eventuale infermità psichica del soggetto in questione, nonchè alla pervasività e gravità della stessa, al fine di facilitare la misura di protezione più idonea al caso specifico.

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